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Per l’Italia seguire Trump sarebbe un suicidio
Intervista L’Unità 22.02.25
Quella di Trump è una politica che sta cambiando tutto. Zelensky, Europa, Russia
L’Elezione di Trump rappresenta un cambio di fase. Proietta il mondo in una dimensione totalmente nuova rispetto a quanto avvenuto dopo la fine della seconda guerra mondiale. Siamo all’inizio e non sappiamo ancora il punto di caduta. Molto dipenderà dalla capacità dell’Europa di rilanciare il suo progetto politico. Donald Trump e chi lo sostiene vogliono costruire un nuovo ordine mondiale non più fondato su regole condivise e istituzioni sovranazionali ma sulla forza. La forza di nazioni e di grandi poteri economici globali. Dalla fine della seconda guerra mondiale, in occidente, lo scontro politico è stato tra idee diverse che si confrontavano “nella” democrazia. Oggi questa destra, vede “la” democrazia” come parte del problema. Alle regole del multilateralismo, fragili e inadeguate da tempo ,sostituisce un modello dove i “più forti “comandano” con sfere di influenza. Ora l’Europa deve decidere. Prendere atto che il livello intergovernativo e di integrazione raggiunto ci ha permesso di arrivare fino a qui, ma è totalmente inadeguato per affrontare le sfide del futuro. Occorre aprire una stagione nuova che rilanci l’integrazione, apra una stagione di investimenti, si unisca gli Stati sul fronte dell’innovazione e il rilancio del modello sociale. Quando Mario Draghi dice “dovremmo ragionare come se fossimo un unico Stato” ha ragione, è la via da seguire, potremmo dire che torna Ventotene e il manifesto che sostanzialmente affermava l’Europa sarà libera solo se unita.
Ma Macron ha sbagliato quindi a convocare alcuni europei?
No, non me la sento di condannare questa scelta. L’insuccesso del vertice è figlio casomai dell’assenza o fragilità di uno spirito comune tra gli Stati. Ma il tentativo andava fatto, casomai il problema è stato l’atteggiamento recalcitrante dell’Italia che sembrava più la rappresentante Usa che non uno dei paesi fondatori. L’Europa potrà andare avanti anche se gruppi di paesi prendono l’iniziativa, rafforzano la cooperazione agiscono insieme quando i 27 fanno fatica a muoversi. Ovviamente deve essere l’Unione a promuovere iniziative e riforme coraggiose come la rimessa in discussione dell’unanimità su determinate materie, ma smuovere le acque all’insegna di un protagonismo europeo in questo momento è positivo.
Umiliata. Ridicolizzata. Messa ai margini. Vittima di se stessa e delle sue divisioni interne. L’Europa vassalla di Trump. A lei la parola.
L’Europa non è “addormentata” per caso, ha la stragrande maggioranza dei Governi di destra, che guardano con interesse a Trump e a quello che sta proponendo. È inutile che si continui a rimuovere questo dato. Sicuramente paghiamo il prezzo di scelte non fatte molti anni fa, a cominciare dall’incapacità di modificare il diritto di veto, che ha mortificato la capacità di agire e di essere soggetto politico. Ma oggi deve essere chiaro che la vera difficoltà non è in una “indistinta” Europa, ma nella forza del nazionalismo. Occorre guardare in primo luogo alla forza di un pensiero che all’Europa politica non crede e non la vuole, illudendosi di poter trattare con Trump a livello di singoli Stati. È la grande illusione del nazionalismo, utile per raccogliere voti promettendo una finta protezione ma poi assolutamente incapace di offrirla. È in questa faglia che la sinistra deve muoversi rilanciando l’idea di un grande e autonomo progetto politico. Da questo punto di vista i “vassalli ” di Trump sono coloro che sulle politiche europee non investono perché in questo progetto non credono. Il principale ostacolo oggi è il Consiglio non il Parlamento.
Per Donald Trump la pace, vale per l’Ucraina come per la Palestina, sembra coincidere con le ragioni del vincitore, sia esso Putin o Netanyahu, con cui negoziare. Il resto è per “anime belle”.
Donald Trump vuole semplicemente e drammaticamente dare il colpo mortale al sistema e ai valori del multilateralismo che si erano costruiti dopo la seconda guerra mondiale. Sistema fatto di istituzioni internazionali a tutela di valori. Intendiamoci, un sistema fragile e già in crisi, ma invece che riformarlo Trump vuole abbatterlo sostituendolo con la legge del più forte, anzi delle nazioni più forti. Non è solo una convinzione politica, ma anche un bisogno economico. Per questo in Italia la proposta nazionalista e trumpiana della destra equivale a un suicidio dei nostri interessi. L’interesse italiano è quello di un’Europa forte, libera e umana. In Italia se ne è accorta anche Marina Berlusconi che qualcosa non va e potremmo dire che anche su questo tema delicatissimo le destre, in termini di visione politica comune , non esistono.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è fatta vanto, con il coro della stampa mainstream, di essere stata l’unica leader europea presente all’Inauguration Day di Trump. C’è chi le ha cucito addosso il vestito della “facilitatrice” delle relazioni tra l’Europa e l’amministrazione Trump….
Ma è un’illusione. Tanto è vero che da quella cerimonia la nostra premier parla poco e prevale l’imbarazzo. L’Italia con il nostro Governo nel periodo del Covid l’Italia c’era e l’ha guidata verso importanti scelte strategiche. Oggi non c’è. Per la prima volta dal 1941, anno di ingresso degli Usa in guerra, questa amministrazione ha detto che non considera più prioritari sicurezza e benessere degli europei. Anzi, che gli alleati sono un problema. Al netto di un metodo di spararla grossa per aprire spazi di iniziativa politica, Trump cerca più che dei “pontieri” dei “complici”, dei cavalli di Troia per affermare la sua politica. L’unico antidoto anche per il rilancio di una politica atlantista è unire l’Europa, renderla forte e protagonista. Questa politica scellerata della nuova amministrazione USA, sta creando caos perché per i mercati l’incertezza è peggio del protezionismo e alla fine si ritorcerà anche contro gli stessi americani. Trump ha vinto con il Make America Great Again, ha detto il falso la sua linea è fare grandi solo alcuni degli americani, i più ricchi, direi Make American Billioners Great Again. Quindi gli spazi di iniziativa ci sarebbero ma ripeto la destra al governo gioca un’altra partita e questo pesa in maniera drammatica.
Guardando all’Ucraina, e non solo, si dice: l’Occidente è morto. Ma è una notizia?
No. Calma e gesso. Casomai dobbiamo leggere quanto sta avvenendo per ricostruire un assetto del mondo nel quale non si archivino i valori del secondo dopoguerra: la libertà, la solidarietà, la democrazia. Sicuro con il ritorno del nazionalismo, noi Europei siamo più soli perché assistiamo alla rottura su diversi fronti della politica transatlantica. Ora questa solitudine come europei rende ancora più evidente quanto sia folle rimanere divisi anche come singoli Stati e quindi dovrebbe spingerci ad andare avanti nel rilancio di un protagonismo comune europeo. Lasciami dire, abbiamo fatto bene a votare la Commissione Von der Leyen, immaginate se all’avvio dell’amministrazione Usa l’Europa si fosse trovata senza commissione a litigare sui nomi: Trump avrebbe comprato il Parlamento per farci un Trump Hotel! Ma ora nessuno sconto alla linea di questa commissione. La bussola sulla competitività, ad esempio, presentata alcuni giorni fa senza investimenti comuni non credo porti lontano.
In questa Europa messa male, la sinistra arranca, sulla difensiva.
Dovrebbe reagire insieme. Il nazionalismo è forte perché raccoglie e rappresenta la rabbia, figlia delle solitudini e della paura nei confronti del futuro. L’esplodere violento di processi di globalizzazione economica hanno spazzato via tutele e diritti che una parte del mondo pensava acquisite per sempre. Milioni di persone sono precipitati nell’angoscia e ha preso corpo nel mondo un “antiglobalismo egoistico” fondato appunto sulla protezione chiesta al più forte. Solo un’Europa più unita, forte e umana avrebbe la dimensione adeguata per dare una risposta credibile e democratica a quelle paure. Ma la sinistra per entrare in sintonia con questo dolore deve immergersi nella vita, nello sfascio esistenziale che la globalizzazione ha prodotto nelle relazioni umane, nei servizi, nel mondo del lavoro. Per anni si è detto: per la prima volta le nuove generazioni vivranno peggio dei propri padri. Un approccio cinico perché poi a questa constatazione non è seguito nulla. Beh, questo egoismo ora lo paghiamo perché il tema non riguarda solo le nuove generazioni ma anche milioni e milioni di esseri umani che nelle democrazie vedono minacciati e messi indiscussione prospettive di vita. Una democrazia può vivere se continuamente produce disuguaglianze? Temo di no. Allora capiamo la forza di Trump. Occorre rimettersi in cammino, non ci sono scorciatoie.
In questa sinistra alla ricerca di sé, c’è il Pd. I frequentatori-narratori del Transatlantico scrivono articolesse sui Dem impegnati h24 nel fare e disfare correnti, nel dividersi su Ulivo 2.0 sì o no e sulla rappresentanza del “centro”. Siamo alle solite?
Ma veramente io gli articoli, sui quali non c’è mai autocritica, di soli due anni fa li ricordo tutti. La sintesi dopo il voto era: il Pd è morto e sarà sbranato dal polo Renzi/Calenda a destra e dai 5 stelle a sinistra. Oggi dopo 2 anni non mi sembra affatto questa la situazione o sbaglio? C’è metà paese che alla destra di Meloni non ci crede, una crisi sociale drammatica perché la destra cavalca ma non risolve i problemi. In questo quadro il Pd è il primo partito delle opposizioni e quello che più testardamente indica un obiettivo per liberare l’Italia dalle destre. E’ una colpa? Non credo.