Da Meloni solo slogan per i suoi Il paese è fermo
Intervista La Repubblica 16.12.24
«Il discorso di Giorgia Meloni non è un problema per il Pd, è un problema per l’Italia: non propone alcuna soluzione, solo slogan identitari per convincere la sua base che va tutto bene, ma è la realtà a smentirla», attacca Nicola Zingaretti, ex segretario del Pd e capo- delegazione di S&D in Europa. «I numeri parlano di un Paese fermo, con il record assoluto di povertà».
Tuttavia i numeri vantati dalla premier dicono altro.
«È il gioco delle tre carte, specialità in cui lei è campionessa del mondo. Ad esempio ha omesso di dire che in queste ore la cosiddetta coalizione compatta ha dovuto rinviare l’esame della manovra perché non sono d’accordo su nulla. Lì dentro non c’è traccia di misure per le imprese, di aiuti per chi non ce la fa a pagare le bollette, mentre cancellano le multe ai no-vax. E sulla sanità è sempre la solita litania: sostengono di aver aumentato i fondi, ma i dati in rapporto al pil dimostrano il contrario, a riprova che vogliono una sanità per soli ricchi, non per tutti com’è scritto in Costituzione. Non ha citato il drammatico rapporto del Censis che fotografa, testuale, una Italia che galleggia. Né le cifre sulla produzione industriale, in calo da 22 mesi consecutivi. Altro che Italia che corre, la stanno affossando».
Com’è possibile che per voi è uno sfascio e per loro tutte rose e fiori?
«La loro è propaganda, io cito fatti. È tipico della destra populista. Ora siamo alla 3^ fase: prima prendono i voti, cavalcando problemi e paure degli italiani; poi governano, ma non li risolvono; infine, per giustificare la loro incapacità, aggrediscono le opposizioni e le istituzioni. La postura preferita di Meloni è il vittimismo, è sempre colpa di qualcun altro: di Schlein e di Prodi, perfetti capri espiatori quando non si sa come rispondere alle critiche; della burocrazia e dei giudici, che le mettono i bastoni fra le ruote; persino degli attori che vanno in piazza contro il Ddl sicurezza. Questo è il senso del discorso ad Atreju».
Non ha ragione quando sostiene che il suo è uno dei governi più stabili d’Europa?
«Ma la stabilità senza un progetto- Paese, determinata unicamente dalla pervicace volontà di occupare tutti i gangli dello Stato, aziende pubbliche come la Rai incluse, è immobilismo. Il governo sta in piedi, ma l’Italia cade nell’arretratezza. Guardiamo a quanto sta avvenendo sull’automotive: le vendite delle auto elettriche crollano e loro tagliano i fondi all’industria, mentre nel mondo hanno già iniziato a produrre le macchine senza autista. Accade quando la propaganda di partito prevale sull’interesse nazionale».
Però vi ha smentito sull’Europa: FdI ha ottenuto la vicepresidenza esecutiva e lei non è affatto isolata.
«Meloni si è servita del prestigio dell’Italia, grande Paese fondatore della Ue. E oggi, guarda caso, si è dimenticata di ricordare sia che il suo principale alleato di governo ha votato no alla Commissione che lei ha contribuito a formare, sia che l’economia nazionale tira grazie alle nostre conquiste, a cominciare dal Pnrr: 270 miliardi per lo sviluppo contro cui FdI e Lega a suo tempo si opposero».
Dopodiché il suo consenso resta ancora altissimo, come lo spiega?
«È vero, il consenso è forte, anche se in calo, e comunque minoritario nel Paese. Non dimentichiamo che anche nel ‘22 le opposizioni divise rappresentavano la maggioranza degli elettori. Ecco perché è giusta la tensione unitaria del Pd di Elly Schlein per costruire l’alternativa».
Intanto Salvini dice che governeranno fino al 2032. Con il centrosinistra a pezzi non è una profezia che rischia di avverarsi?
«Non accadrà. Alle prossime Politiche ci faremo trovare pronti con un progetto credibile per il Paese. La parola “unità” lanciata ieri da Elly è molto più che uno slogan: è la premessa, un indirizzo. Unire l’Europa o non si conta nulla, unire l’Italia perché abbiamo un gran bisogno di fare massa critica, unire la politica perché bisogna offrire una speranza alle persone che non ci credono più. Unità della cultura, di chi studia, di chi lavora, di chi produce, di chi vorrebbe lavorare o studiare ma non può. Uniamo questa Italia e saremo più forti noi».
Conte si è già sfilato, sostenendo che non farà il cespuglio del Pd.
«Nessuno vuole cespugli. Non servirebbero. Conte ha una sua legittima strategia: far parte di un’alleanza con i suoi contenuti. Quello che però va chiesto a lui e a tutti, è il rispetto delle identità e la convergenza su un programma che va scritto coinvolgendo la parte migliore del Paese».
Sono in movimento anche i cattolici, serve la gamba centrista?
«Tutto è utile, ma lasciamo stare le formulette o i gossip sui nomi. Siamo di fronte a una grande novità positiva. La rassegnazione di chi non si riconosce in questo governo sta lasciando il posto alla voglia di contribuire alla costruzione di una alternativa concreta alla destra».