Non regaliamo anche l’Europa alle destre
Intervista del 4.12.2024 – “Il Manifesto”
Il voto sulla commissione Ursula bis è stato faticoso per voi e ha prodotto altre fratture dentro il centrosinistra. Conte ha parlato di un «grave errore politico».
Lo dico fraternamente ai colleghi dei partiti di sinistra e ai 5s. Abbiamo scelto una via strettissima per non regalare anche l’Ue all’estrema destra, vogliamo difendere e rilanciare la maggioranza europeista che è sotto attacco. Faccio appello ai nostri alleati: non lasciateci soli. Altro che inciucio con Meloni, l’Ue è stata un’avanguardia, ora è una trincea dove i rapporti di forza non sono a nostro favore. Quando ce n’è stato bisogno abbiamo votato contro, come sul bilancio, Schlein ha detto che i nostri voti non sono scontati, che non c’è nessun assegno in bianco verso la presidente von der Leyen. Ma quell’assegno non potevamo stracciarlo. Saranno 5 anni di battaglia politica, un’Europa molto diversa dall’immagine dei burocrati: su tutti i dossier possiamo fare battaglie comuni con le forze di sinistra e con i Verdi.
A dividervi dagli alleati, ma anche al vostro interno, c’è il sostegno militare all’Ucraina. Lunedì al Nazareno lei ha partecipato a un seminario con D’Alema e Prodi da cui sembra essere emersa una linea meno bellicista.
Dall’inizio della legislatura, grazie al lavoro in primo luogo della nostra delegazione, nelle risoluzioni sull’Ucraina approvate a Strasburgo c’è una denuncia della debolezza diplomatica e la richiesta di attivare percorsi politici per una pace giusta. Da tempo sostengo che il sostegno militare a Kiev non è esaustivo, che le due cose si devono tenere insieme, e che la pace si fa col nemico. Ho votato contro, insieme ad altri, alla parte della risoluzione che contestava la telefonata di Olaf Scholz a Putin, perché è giusto provare a muovere le acque. Detto questo noi possiamo votare in Parlamento, ma l’Europa finora ha contato poco sull’Ucraina perché non è un attore politico globale. E non lo è perché su 27 paesi 22 hanno governi di destra che non vogliono una politica estera e di difesa comune. In Italia spesso si trascura questo dato di fatto, non si tiene conto che su 750 eurodeputati 217 sono di estrema destra.
Però sul tema delle guerre la faglia non è quella tra progressisti e nazionalisti. Ci sono governi di destra come quello ungherese che è filorusso.
Sì, ma anche quando parliamo di corsa al riarmo, il nodo è sempre la dimensione europea. Se non si fanno passi avanti nell’integrazione scatterà inevitabilmente una corsa delle spese militari nei singoli stati, e anche la ricerca di rapporti privilegiati con la nuova amministrazione Trump. Per questo ritengo che oggi la battaglia principale sia quella per fermare l’onda nazionalista e fare un salto nell’integrazione politica dell’Ue. Questo non riguarda solo le decisioni di politica estera. La dimensione nazionale non è stata in grado di contenere la violenza dei processi dell’economia globale e questo ha scavato a fondo dentro le democrazie, producendo disuguaglianze, solitudine, sfiducia e rabbia. Gli stati non sono più in grado, da soli, di mantenere il livello di welfare, crescita, sviluppo, diritti. L’Europa è la dimensione in cui affrontare queste sfide, ma ha dato risposte adeguate solo davanti all’emergenza Covid.
Crede che con la commissione von der Leyen bis l’Ue possa fare questo salto?
È molto difficile, ma anche durante il Covid nulla era scontato: i fondi del Next Generation li abbiamo ottenuti con una battaglia delle forze progressiste. Che ora deve proseguire in Parlamento, anche se c’è una commissione più conservatrice della precedente. Guai a gettare la spugna.
Qual è lo stato di salute del fronte progressista in Italia?
Grazie soprattutto allo sforzo del Pd, si è aperta una stagione positiva di rafforzamento di un processo unitario che si fonda sulla consapevolezza di dover costruire un’alternativa. Mi pare che le forze di opposizione sentano il senso di una missione nel cercare con più impegno punti di convergenza. A chi è scettico suggerisco un confronto con la tragica situazione del settembre 2022. Non sarà semplice né breve, ma il percorso sta andando avanti, rafforzato dalle vittorie in Emilia-Romagna e Umbria. In Italia non c’è una maggioranza di elettori di destra, ma milioni di persone che si sono autoescluse dal voto perché hanno perso la speranza. Io credo che almeno una parte di questo astensionismo possa riattivarsi col crescere di una proposta di alternativa che non deve nascere a tavolino, ma nel dialogo col paese e dentro i conflitti politici e sociali. Il Pd con Schlein ha tenuto la barra dritta, ha ritrovato chiarezza di contenuti.
Ritiene che alla vostra coalizione serva un centro? E chi dovrebbe costruirlo?
Il perimetro verrà dato dall’idea di paese e di Europa che verrà avanti. Non col copia-incolla del passato, e neppure col collage di quello che c’è oggi.