L’Europeismo è il bene dell’Italia. Fitto sia chiaro
Nicola Zingaretti è il capo delegazione del Pd in Europa, in questi giorni difficili che vedono ancora un conflitto sulle nomine, con il caso del commissario in pectore Raffaele Fitto che tiene banco. Ancora un rinvio per la squadra di Ursula von der Leyen, quando sono ormai passati sessanta giorni dall’approvazione del suo programma, dai cardini fortemente europeisti. Sono le fibrillazioni che precedono gli accordi, è probabile. Ma è anche certo che, più di altre volte, le audizioni dei commissari saranno tutt’altro che di maniera, soprattutto, al momento, per il rappresentante italiano.
L’Italia è un Paese fondatore, è giusto che abbia un ruolo importante nella Commissione? In queste ore viene messo in dubbio.
“Non solo è giusto, è ovviamente giusto. Non solo abbiamo contribuito come Paese, ma anche guidato il continente. Con David Sassoli, con Paolo Gentiloni, con Romano Prodi, con il ruolo che abbiamo avuto sul Covid e sul Pnrr. Non è un’opinione, è un fatto storico. E sì, vale anche ora. L’Italia deve avere il riconoscimento che merita, nel solco del programma europeista votato a luglio e che adesso va attuato”.
Il no di Giorgia Meloni alla nomina di Ursula von der Leyen è ragione sufficiente per penalizzare l’Italia?
“Sapevamo che quel voto avrebbe creato problemi all’Italia. E i problemi sono figli di un errore antieuropeista di chI guida il governo. Ma no, non è ragione per penalizzare l’Italia, a condizione che si capisca che l’integrazione è l’unica strada, va promossa, e non fermata. Serve chiarezza. Non si può sostenere solo a parole, come ha fatto Nicola Procaccini, il copresidente di Ecr, sul Corriere, che ci vuole più Europa per poi ripromettersi di guidarla all’insegna del meno Europa. È una contraddizione che va risolta”.
Socialisti, liberali e verdi vogliono come minimo ridurre i poteri di Fitto, se non addirittura bocciarlo. E arrivano perfino a mettere in dubbio il sostegno a Ursula von der Leyen.
“Non siamo ancora in una fase di consegna delle deleghe. Per ora circolano soltanto delle ipotesi. Siamo sempre lì, al tema politico ineludibile: si fa un passo indietro o si va avanti sull’Unione? Mi auguro che il commissario Fitto voglia pronunciarsi in questa direzione. E allora si vedrà che tutto diventerà più semplice e chiaro”.
L’Italia politica, abituata alle liti, ha una tradizione diversa sui commissari. Fitto si adoperò per il sì a Paolo Gentiloni, Silvio Berlusconi propose Mario Monti ed Emma Bonino, non certo due suoi dipendenti.
“Si. Ricordo però che cinque anni fa votarono poi contro la Commissione di cui Gentiloni era parte. È la destra che adesso rischia di minare quella tradizione. Anche con il voto contrario del luglio scorso”.
Ma, alla fine, c’è ottimismo su Fitto?
“Non è questione di ottimismo o di pessimismo. Io mi auguro che nell’audizione di Raffaele Fitto prevalga una sua convinzione fortemente europeista, e che sappia prendere le distanze da un estremismo pericoloso per l’Italia. Vorrei che fosse chiaro che l’interesse nazionale coincide con lo sviluppo dell’integrazione, della quale l’Italia ha beneficiato in questi anni”.
Ma lasciare a Fitto le deleghe all’Economia e al Pnrr, e non la vicepresidenza esecutiva, sarebbe una soluzione accettabile?
“Fino ad ora su questo non c’è nessun atto ufficiale. Né per quanto riguarda lui né sugli altri possibili commissari. Non si sfugge, ora siamo ancora in un’altra fase, quella in cui è imperativo dipanare senza ambiguità le intenzioni politiche”.
Meloni rivendica di aver “tenuto fuori Fdi e Ecr dalla triste pratica del cordone sanitario che emargina i gruppi alla nostra destra”.
“Il cosiddetto cordone sanitario mette al riparo da un’ultradestra che non ha un’idea diversa di Europa, ma vuole invece semplicemente superarla e distruggerla. È interesse dell’Italia difendere l’Unione e dovrebbe esserlo anche di Giorgia Meloni. Anche perché il cordone sanitario mai ha riguardato Ecr, ma solo gli estremisti”.
Il Pd e il campo largo rischiano di spaccarsi su queste vicende?
“Già a luglio ci sono state posizioni articolate. Lavoriamo per condurre insieme una battaglia politica su alcuni dossier”.
Ma il campo largo fibrilla anche in Italia.
“Credo invece che ora prevalgano le convergenze. Piuttosto è il centrodestra che è diviso. Forza Italia è paladina dell’Europa, la Lega la avversa e Fdi si barcamena, anche perché guida il governo e non può fare troppi scivoloni”.
Manfred Weber dice che serve una Commissione che rappresenti e unisca l’Europa. Non è solo un chiaro sostegno a Fitto, è una visione politica, che punta ad allargare gli orizzonti. La condivide?
“Si, d’accordo. Purché si voglia andare avanti, come ci ha ricordato in questi giorni Mario Draghi. Ci serve una Commissione che possa marciare spedita. Abbiamo bisogno di investimenti, sviluppo, lavoro, competitività, green economy, nuovo modello sociale. È il momento di correre”.
Intervista pubblicata su Il Corriere della Sera giovedì 12 settembre 2024