Solo chiacchiere dal governo sul diritto allo studio. Ma sia il primo punto dell’agenda del Pd
Parlano di merito in modo puramente teorico. Ma dal caro affitti alla dispersione scolastica nessuna pratica risposta. Il nostro Pnrr se ne occupa, diano risposte e segnali chiari
Il Parlamento ha finalmente discusso di diritto allo studio in una sessione dedicata al caro affitti e al tema posto recentemente dalle mobilitazioni studentesche. Governo e maggioranza su ogni punto delle mozioni nei quali erano presenti vincoli chiari e impegni da prendere ha proposto la frase “..impegna il governo a valutare se..” . Praticamente parole, chiacchiere senza impegni. Come la gaffe dei 600 milioni sbloccati per la casa agli studenti, prima sbandierati come scelta strategica e poi scomparsi. Esattamente quello che fa impazzire la gente normale, “avete ragione ma …. vedremo”. E’ importante ricordarlo perché questa legislatura è iniziata con una maggioranza che ha scelto di brandire come segno di un cambio di passo per i giovani italiani, il “merito” come panacea di tutti i mali. Per la verità a parte i soldi spesi per cambiare il nome del ministero da quel giorno di provvedimenti utili alle ragazze a ai ragazzi non ne abbiamo visti. Nelle posizioni del Partito Democratico ci siamo preoccupati di spiegare che come sinistra non abbiamo nulla contro il merito. Anzi a dire la verità, il concetto di merito entra nel 1946 in Costituzione nell’articolo 34 su proposta di Palmiro Togliatti in una interlocuzione con Aldo Moro, ed è scritto come principio dunque, da 75 anni, nella parte migliore della storia della Repubblica. Ma su questo tema non si può fare propaganda e confusione. Quello che da mesi chiediamo inascoltati dalla destra è di affrontare finalmente un altro tema, fondamentale per la qualità della nostra democrazia: in Italia tantissimi giovani non chiudono il ciclo degli studi e vengono espulsi non perché non “meritevoli” ma perché “poveri”, o privi di mezzi adeguati ed esclusi di fatto dal diritto allo studio. I numeri che non si possono ignorare sono drammatici: nel 2020 la dispersione scolastica è del 3% per i giovani che hanno genitori con professioni qualificate, ma sale al 22.7% per quelli con genitori non occupati. Quel 20% non sono incapaci o svogliati, ci saranno anche gli svogliati, ma c’è soprattutto un gigantesco problema che ha un nome e cognome: diritto allo studio negato.
Secondo Eurostat il 51% degli studenti fuorisede in Italia per evitare i costi degli affitti e non potendo reperire risorse è costretto a fare il pendolare. In questo modo si mina quell’uguaglianza delle opportunità a cui tutti dovremmo riferirci, per questo abbiamo lavorato per il Pnrr e dato negli anni passati i primi segnali di inversione di rotta negli investimenti. Alcuni giorni fa a Milano, a Roma e in altre città italiane delle ragazze e dei ragazzi hanno montato delle tende negli atenei per protestare e lanciare un grido d’allarme. Gli sfratti per morosità sono ripresi, e anche l’Istat conferma aumenti del 7.4% su base annua e del 14.2% su base biennale. Questo colpisce il diritto alla casa e il Governo ha già aumentato le disuguaglianze con la scelta di non rifinanziare il fondo per l’accesso alle abitazioni in locazione e il fondo per i morosi incolpevoli. Ma questi dati pesano sicuramente come un macigno su ragazze e ragazzi in formazione perché li esclude di fatto dal diritto a proseguire gli studi, e se ora non si farà qualcosa quei numeri peggioreranno. Questi giovani che hanno protestato in forma pacifica e non violenta sono stati ignorati dal Governo. Da tanti commentatori e opinionisti insultati e dipinti come fannulloni. Invece hanno ragione e è bene che il Parlamento ne discuta, perchè il motivo di tanta violenza verbale nella reazione è solo uno: la paura che questi temi si impongano nell’agenda italiana, distruggendo la narrazione che invece tutto va bene. Noi non li ignoriamo. Perché riguarda la loro vita, ma, parlando di conoscenza, riguarda anche il nostro futuro.
Per questo, ripeto, nel Pnrr figlio del centrosinistra, abbiamo fatto inserire risorse destinate a questo fine. E’ giusto ora che si sappia e si dica a che punto siamo, si dia un segnale e si prendano impegni chiari. L’alternativa è la cultura “dell’arrangiatevi da soli e faticate”. La cultura dell’arrangiatevi da soli, da quando esiste la storia, fa vincere sempre e solo i più forti. Spesso degli impresentabili incapaci ma più forti. E’ovvio che ognuno deve metterci del suo, sacrificio, passione, dedizione, tempo ma non è vero, è falso che in Italia una ragazzo una ragazza in difficoltà deve rimanere solo o sola nell’ottenimento dei suoi diritti. Grazie alla Costituzione dovremmo dire uniti, ai giovani come recita l’ art 3 non siete soli “ è la Repubblica che rimuove gli ostacoli che impediscono la realizzazione della persona umana” . La Repubblica siamo noi tutti e se tanta diffidenza c’è nella politica è perché spesso si è dimenticata questa missione. Liliana Segre su questo ha speso parole illuminanti, invece di avere l’ossessione di distruggerla, cambiarla o ignorarla la Costituzione noi forse dovremmo semplicemente attuarla. Perché è bellissima e perché sarebbe utile a trovare molte risposte al disagio del presente e soluzione alla necessità di rilancio del Paese. Perché noi abbiamo bisogno di una nuova generazione e di una svolta negli investimenti nella formazione, la ricerca e i luoghi del sapere per rimanere con dignità dentro le sfide del futuro. Ora non dobbiamo fermarci al dibattito parlamentare e nel Pd a dibattiti interni. Tutto questo deve diventare battaglia e iniziativa politica nel Paese. Il diritto allo studio, capitolo fondamentale di una agenda Pd che abbia un anima chiara per ricostruire la speranza: più giustizia in Italia e in Europa per le persone e per il pianeta.
Articolo pubblicato su Huffington Post il 1 Giugno 2023