L’Italia della destra: più ingiusta e meno competitiva
Cosa è la destra al Governo? Quale Italia vuole? Gli aspetti da considerare sono molteplici, ma seguendo le parole, gli slogan e, soprattutto, i provvedimenti di questo primo mezzo anno di Governo, quello che si sta costruendo, almeno dal punto di vista sociale ed economico, comincia a essere chiaro: la destra sta creando un’Italia più ingiusta, meno competitiva, con meno investimenti e più solitudini.
La manovra di bilancio è stata caratterizzata dalla riduzione della spesa reale per la sanità e la scuola, il taglio a fondamentali fondi per la spesa sociale, condoni e favori ai furbi, agli evasori e ai no vax. Con i provvedimenti di queste ore, inoltre, l’Italia torna ad essere l’unico grande Paese dell’Europa privo di una misura di ultima istanza di protezione delle persone prive di reddito. Questo non significa “accompagnare chi ha voglia di lavorare”, come dice la Ministra Calderone, ma creare un esercito di disperati. Tutto questo ha un obiettivo non detto, perché inconfessabile: favorire precariato e lavoro irregolare per chi vuole guadagnare sfruttando gli altri. Sicuramente creare nuova disperazione e manovalanza per la criminalità organizzata. Tanto più che la misura seguita ad essere inibita a chi ha precedenti penali: se hai sbagliato e anche pagato il tuo conto con la giustizia non hai alcuna possibilità di riscatto. La marcia indietro sul reddito di cittadinanza è una scelta sbagliata e pericolosissima, soprattutto se si pensa che nel frattempo non c’è stato alcun passo avanti sulle politiche attive per il lavoro e se, inoltre, la si abbina a un decreto lavoro che allarga le maglie per voucher e contrattini a termine.
Insomma, meno spesa sociale, meno servizi pubblici, più precarietà. Ma quello che forse preoccupa ancor più, è la completa assenza di un’idea di sviluppo e di futuro per l’Italia. Meloni e la destra non credono che sia utile investire sull’innovazione del Paese, sulle energie dei giovani, sulla sostenibilità ambientale, sulle tecnologie. Li guardano, anzi, con fastidio ideologico perché le risorse vengono provengono dall’Europa. Il tempo perso e le incertezze sul Pnrr non sono casuali. Il motivo credo sia una sorta di furia iconosclasta contro tutto ciò che si è ereditato dal passato e contro tutto quello che apra una porta sul futuro. Questo è sempre un errore, questa volta una follia. Da almeno 30 anni tutti i governi che si sono succeduti hanno avuto come eredità l’incubo di dover ogni anno tagliare la spesa pubblica, il Governo Meloni ha ereditato grazie a noi e all’Europa decine di miliardi da investire per il lavoro, la crescita, l’avvio di un nuovo modello di sviluppo più sostenibile. Questa opportunità viene incredibilmente vissuta come un “problema” e, dopo mesi di sforzi per spingere verso il raggiungimento degli obiettivi, quello che ormai è sempre più probabile è che perderemo miliardi di euro di investimenti. In tutto c’è una certa ossessione a colpire gli “ultimi e i penultimi“ della scala sociale come fossero di per sé “colpevoli” da punire per la loro condizione. È la destra. In questo contesto anche il controverso taglio del cuneo non cambia l’indirizzo di fondo di questi indirizzi.
Dal punto di vista politico, dopo i trionfi elettorali della destra di opposizione è sempre più evidente la fragilità della destra di Governo. La prima ha avuto buon gioco a cavalcare i problemi e le paure che ne derivano la seconda quei problemi li aggrava. Occorre reagire e fa bene il Pd a combattere con nettezza queste derive e ricercare sempre, nella chiarezza, possibili convergenze con le opposizioni per dare forza ad un’alternativa. Siamo agli inizi, ma io credo che si sia aperto un tempo nuovo nel quale sempre più persone cominciano a capire che gli slogan della destra, anche se efficaci, non cambiano la vita e se la cambiano, la cambiano in peggio.
Nicola Zingaretti
Articolo pubblicato su Huffington Post il 3 Maggio 2023